“Spesso nelle cose brutte che accadono nella vita, bisogna saper trovare le cose belle”. Questo è il motto che i genitori ripetevano a Simone.
Il diario” La Terapia della bellezza”, la storia vissuta in prima persona da Simone che, nel 2016 all’età di 11 anni, è arrivato da un paese in provincia di Catanzaro, Tiriolo, al Meyer di Firenze per curarsi da un “sarcoma di Ewing”. Per quasi un anno, insieme alle cure in ospedale, per lui è cominciata una “terapia della bellezza”. Già, perché in quel lunghissimo periodo, Simone ha scritto un diario ricco di emozioni e luoghi catturati nelle fughe dal Meyer. I suoi genitori gli parlavano sempre della “terapia della bellezza”, una terapia piacevole che sarebbe iniziata dopo ogni ciclo: gli raccontavano che la Toscana è un posto meraviglioso che lo aiuterà a guarire. Detto, fatto.
Ogni volta che gli effetti collaterali della chemioterapia lo consentivano, Simone e la sua famiglia partivano. Poche ore, via dai reparti, immersi nella natura, nella storia dell’arte, all’aria aperta. Firenze, Siena, Empoli, San Gimignano, Pistoia, Prato, Viareggio, Pisa, Monteriggioni e via per tutta la Toscana. Poi Simone tornava e scriveva. E poi ripartiva, e scattava fotografie per catturare le immagini più belle di questo viaggio nella bellezza. Si legge tutto d’un fiato la sua storia messa nero su bianco.
I dolori legati alla malattia (che ci sono, prepotenti) scorrono in filigrana e la “terapia della bellezza” porta distrazione e un po’ di leggerezza in un periodo difficile della vita di Simone e della sua famiglia. Un diario, dunque, che ha l’obiettivo di descrivere con gli occhi di un undicenne, le bellezze culturali e paesaggistiche della Toscana ma, soprattutto che sia di aiuto e supporto per tutti quei bambini che, così come Simone, lottano contro un cancro.
Il diario si è poi trasformato in un libro dal titolo “La terapia della bellezza”: pubblicazione sostenuta grazie al Progetto “Cammino con te: prevenire il disagio” di ACISJF Firenze in partenariato con ATT e finanziata dalla Regione Toscana e dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
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Sono il papà di Simone e questa è la sua storia, un viaggio lungo 11 mesi fatti di tanto dolore nella bellezza, quella bellezza che è servita a far guarire Simone.
Ma perché non metti tutto per iscritto, perché non racconti la tua storia in un diario? ”Mi chiamo Simone…..”: comincia così la battaglia lunga 11 mesi contro il sarcoma di Ewing di un bambino di 10 anni.
La sua Calabria è lontana dal Meyer e da Firenze, Simone è attaccato alle flebo degli infiniti cicli di chemioterapia, la sua insegnante di italiano della scuola in ospedale che fa lezione nella sua stanza, lo invita a raccontarsi in questo diario.
“La sera del 7 febbraio 2016, mio fratello mi ha tirato una ciabatta in faccia, il giorno dopo mi sono trovato sulla guancia un piccolo bozzolo che aveva la forma di una pallina – esordisce il diario – ero arrabbiatissimo nei confronti di mio fratello. Solo dopo tanti mesi l’ho ringraziato per quella ciabattata”.
Ma Simone, ricoverato al Meyer, non si perde d’animo: “Non ero mai stato in Toscana.”
“I miei genitori hanno sempre detto che la Toscana è un posto meraviglioso che mi aiuterà a guarire”.
Così, il diario suggerito dalla professoressa passa dai cicli di terapia ai cicli di “terapia della bellezza”: tra una chemio e l’altra Simone va alla scoperta della Toscana con mamma e papà.
Prima i dettagli, talvolta crudissimi, delle cure, poi i momenti di libertà: “Dopo 30 giorni d’ospedale, finalmente sono riuscito a vedere la luce vera, non quella filtrata dalle finestre del Meyer”.
“Lo spettacolo indescrivibile del duomo di Firenze”, le luci di nuovo filtrate ma dalle “vetrate colorate che riflettono la luce sul Cristo sospeso sull’altare nella basilica di Santa Croce, dove Simone si sofferma sulla tomba di Meucci: “Quello che ha inventato il telefono e ora la gente fotografa la sua tomba con uno smartphone”.
Poi i viaggi fuori città: “Avevo visto delle immagini di Siena e San Gimignano in alcuni giochi della PlayStation, ma non immaginavo minimamente che quelle torri fossero vere!”.
I momenti difficili sono tanti, la nausea che non se ne va, le complicazioni, le forze che mancano: “Vorrei salire sulla torre di Arnolfo e guardare la piazza dall’alto ma sono stanco”. Dolori tanti, ma anche gioie: la visita di Martin Castrogiovanni al Meyer (“Sembra un orco, è alto, grosso e ha una barba lunghissima, somiglia ad Hagrid di Harry Potter”), la gita a Coverciano e i selfie con Buffon, Florenzi, Immobile, e vai a capire papà che invece sta dietro a un signore mai sentito nominare, “che si chiama Antognoni“.
Otto mesi d’ospedale, un’operazione chirurgica, nove cicli di chemio. L’ultimo a ottobre 2016: “Non ci credo che siamo alla fine!”. Il diario si chiude con i tanti grazie del bambino. «Ringrazio le mie maestre e professoresse che hanno colmato le mie lacune, ringrazio il Dott. che mi ha tolto la pallina, ringrazio i tramonti dal ponte Santa Trinita, ringrazio il Meyer perché esiste, ringrazio la Toscana per la “Terapia della bellezza”: con il suo splendore ha reso meno pesante il mio percorso».
Questo diario è la prova che la ”bellezza” può aiutare a guarire e a curare l’anima.
Vorrei tanto che questo diario diventasse un aiuto per tutti quelli che hanno perso la speranza, vorrei tanto che diventasse un film e raggiungesse più persone possibili, vorrei tanto che diventasse un libro e giungesse su ogni comodino d’ospedale, accanto ad ogni bambino che soffre e non sa come affrontare la malattia.
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